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Recensione della Saga Twilight di Stephenie Meyer, a cura di Paola Garbarino

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Recensisco questa saga dopo anni, dopo aver letto tutti i libri. Ho iniziato a leggere Twilight su un piccolo libriccino contenente giusto un paio di capitoli, che avevo trovato in omaggio non mi ricordo più su quale magazine da ragazze. Ero a casa in campagna e ricordo chiaramente che mi chiusi in camera mia, in un pomeriggio di sole, mentre il mio fidanzato e altri amici erano in giardino, perché ero stata totalmente rapita già dalle prime parole. Il pensiero di essere in campagna, lontana dalla prima libreria utile, era insopportabile, stato d’animo che ritengo che ogni Lettrice con la L maiuscola avrà provato almeno una volta in vita sua. Fatto sta che appena potei mi precipitai ad acquistarlo e lo divorai e poi, incapace di attendere il seguito tradotto in italiano, lo acquistai su Amazon com in inglese, perché all’epoca non c’era manco Amazon it, supplicando il mio fidanzato (sempre lui) di crearmi un account e prestarmi la sua carta di credito. Questo è un antefatto personale ma secondo me molto indicativo del fascino di questo romanzo. Quando la saga è esplosa, anche a livello cinematografico, diventando un circo mediatico, io ne ero già lontana. Ho apprezzato i film, me li sono goduti, ma non quanto i romanzi, anzi, a mio avviso i film hanno tolto un po’ d’incanto ai libri, quindi quando penso a questa saga io non penso mai ai film e agli attori, ma al mondo che la Meyer aveva evocato nella mia testa. Ritengo che Twilight abbia segnato un’epoca e che, dopo di lui, sia nato un nuovo genere, imitatissimo. La figura del Vampiro, sino ad allora, aveva fatto parte soltanto dell’immaginario horror, basti pensare al Nosferatu di Murnau del 1922 e alla celebre rivisitazione del 1979 di Herzog, con uno spaventoso principe delle Tenebre impersonato da Klaus Kinski. Il Vampiro aveva goduto di un po’ di fascino romantico col film di Coppola tratto dal Dracula di Bram Stoker, ma era un’illusione: nel romanzo di Stoker non c’è la storia d’amore narrata dal visionario regista, Mina è soltanto una vittima, non si abbandona con consapevolezza al vampiro, con voluttà. E il fascino del film viene dalla figura del dandy ottocentesco, che per qualche momento ce lo fa sembrare un vampiro gentiluomo: ma Dracula resta un mostro, un dannato, un perduto senza ombra di volersi redimere, che non si fa scrupolo alcuno nell’usare e infine uccidere la migliore amica di Mina, né, tantomeno, abbandona il suo proposito egoistico di portare Mina con sé, nella sua dannazione. L’Amore non è egoista! E questo amore puro, altruistico, lo ritroviamo in Edward, il vampiro buono della Meyer. Non è la Natura a decidere chi siamo davvero, ma la nostra volontà: il mostro può decidere di non essere tale, nonostante gli istinti. La Meyer fa sua la massima dell’epoca illuministica, della Ragione che vince su tutto, che domina gli Istinti; e del suo contrario: il sonno della Ragione genera mostri! I Vampiri precedenti sono molto lontani dalla figura del Vampiro creata da Polidori. Polidori trasformò il classico mostro assetato di sangue del folklore, nel demone aristocratico che cerca le sue prede nell’alta società. Il suo racconto venne alla luce (o alle tenebre) durante quegli onirici e fertili giorni e notti trascorsi a casa Diodati, laddove Mary Shelley scrisse il suo Frankenstein. Ed è alla figura vampiresca rivisitata da Polidori (che pare si fosse ispirato all’amico lord Byron nel tratteggiarla) che è ispirato un altro dei più famosi vampiri della Storia della Letteratura: Lestat, dell’eccezionale scrittrice Anne Rice (quella di Intervista col vampiro, se qualcuno non la conosce). Ma Lestat è una figura molto più complessa di Edward e andrebbe analizzato a parte, gli scritti della Rice creano una mitologia, una cosmogonia, sulla nascita e l’evoluzione dei Vampiri. Edward non è Lestat, che sale alla ribalta diventando una rockstar, succhiando, oltre al sangue, la voglia di vivere, di essere adorato come un dio moderno: Edward è il vampiro che odia sé stesso, che vive nascosto, che ripudia la propria natura e piega il proprio istinto volgendolo al Bene. Edward è convinto di essere dannato per il semplice dato di fatto di non essere più umano, e sarà Bella a cercare di fargli capire che si è umani grazie alle proprie azioni e non a causa della nostra natura. Siamo ciò che vogliamo essere! La Meyer ci mostra che questa lotta tra Istinto e Ragione non è facile, infatti Edward dovrà combattere contro il desiderio di sangue che gli suscita Bella, due anime affini che si sono incontrate e che non riusciranno a distaccarsi l’una dell’altra. Ma, al contrario del Dracula che vuole portare Mina nel proprio mondo buio e dannato, Edward è disposto a sacrificarsi per lasciare a Bella la propria vita, fragile ma umana. Sarà soltanto la determinazione di Bella a fare in modo che i due possano ritrovarsi, Bella, pur apparendo come una disadattata che inciampa nei propri piedi, è, in realtà, la parte più forte dei due; è la ragazza che lotta per il proprio amore, a dispetto di tutto. Un corollario di personaggi affascinanti completa la storia, a partire dalla famiglia acquisita di Edward, i Cullen; alla controparte umana (che poi del tutto umana non si rivelerà nel seguito) Jacob Black. Jacob è il richiamo all’umanità di Bella, decisa, invece, a farsi trasformare per poter restare per sempre vicino a Edward. I due ragazzi sono due facce della stessa medaglia, saranno in lotta per l’amore di Bella ma sapranno unirsi per proteggere la vita della ragazza che amano. Pur parlando di vampiri, la saga di Twilight è una storia d’amore e non è assolutamente horror, infatti è catalogata come young adult. I veri protagonisti sono la forza, l’ostinazione, l’avventatezza dell’adolescenza di Bella e Jacob e l’adolescenza cristallizzata di Edward.

Una storia evocativa, struggente, assolutamente da leggere, possibilmente prima di vedere i film.

 

 5/5 Stelle, un mito!

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(Recensione elogiata dalla casa editrice Fazi quando la stessa era pubblicata sul blog letterario Romancebooklover)

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Leggila anche sul blog letterario Les Fleurs du Mal

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