Paola Garbarino - Romanzi
Strange Love
Per una sola notte
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“Quando gli uragani e i cicloni infuriavano, quando i venti trasformavano la terra in polvere, quando arrivavano le alluvioni o si alzavano le maree, noi ci avvicinavamo sempre più.” (Eddie Vedder, Pearl Jam, dalla canzone Future days, dall’album Lightning Bolt)
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Tommy - Venerdì 15 giugno 2007 - Parco San Giuliano di Mestre
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Non sto seguendo niente dell’Heineken Jammin’ Festival, se non con le orecchie. Anzi, spesso nemmeno con quelle visto che, nonostante il casino, sto tentando di captare quello che dice alle sue amiche.
Non mollo di un centimetro per continuare ad avercela davanti.
I miei ormoni non mi stanno lasciando in pace.
Gli occhi, seppur attirati dalla massa di capelli neri dai riflessi blu, continuano a scendere su quello che dimena a ritmo di musica.
Non resto mai insensibile davanti a un bel culo.
Ogni volta che ha sollevato le braccia al cielo inneggiando la band, la canottierina che indossa lasciava scoperta un’invitante striscia di pelle. Avrei voluto metterci le mani. Vorrei mettercele proprio ora. Ha un piccolo tatuaggio in fondo alla schiena, egiziano, vorrei tirarle via la maglia e baciarglielo.
Visto da fuori probabilmente sto passando per stalker.
La mia infatuazione non è passata inosservata né ai miei amici né alle sue amiche, tantomeno a lei. Ogni tanto si volta appena, mentre le amiche ridacchiano e mi lancia delle occhiate che mi bruciano.
Ha gli occhi scuri ma sembrano pura luce.
Ho già pensato a dieci approcci diversi e ad altrettanti modi di portarla in qualche posto dove poter dar sfogo ai miei istinti preistorici ma non riesco a spiccicare parola, non saprei dove portarla qui se non nella tenda e dubito fortemente che uno schianto simile mi degnerebbe di qualunque contatto intimo. O si è delle appassionate o i rossi di capelli non piacciono e io non riscuoto questo gran successo, soprattutto quando giro in compagnia di due strafighi come Vittorio e Lorenzo, che sembrano due surfer californiani.
“Tommy non si accorgerà nemmeno di quando Eddie comparirà sul palco.”
“Ti ho sentito.” tiro uno spintone a Vitto.
“Amico, quella ti sta puntando, portala in tenda, vedrai che te la dà.” si unisce Lore.
Gli faccio cenno di tacere o almeno abbassare la voce: lei e le sue amiche sono davanti a noi e in questo istante la musica del primo palco è in pausa, hanno finito Le Mani e stiamo tutti aspettando i Pearl Jam, praticamente unico motivo per il quale siamo qui al festival. Abbiamo acquistato il biglietto per tutte le giornate ma l’unico gruppo che volevamo vedere a tutti i costi è quello di Seattle. Gli altri giorni li useremo per bere birra e rimorchiare, questa, almeno, è l’idea di Vittorio. Peccato che quando dice certe cose sembri non ricordarsi di avere dietro la sua sorellina, Ginni. Non ci facciamo nemmeno più caso e sappiamo perché se la porta dietro, ormai è un’estensione di Vitto. Almeno ognuno ha la propria tenda, nel campeggio messo a disposizione per l’evento. L’idea di condurci la ragazza mozzafiato che me lo sta facendo venire duro solo a guardarla mi solletica eccome.
Il caldo è afoso e quando comincia a piovigginare ne siamo quasi contenti. Ginni invece inizia a lagnarsi. Le ragazze sembrano incapaci di sporcarsi un po’ o rovinarsi la messa in piega. Vitto l’asseconda, lui si sente sempre una specie di paladino nei confronti di sua sorella e insieme corrono a comprare le tende verdi col logo del festival: sono tende parasole in realtà, di quelle con l’apertura a scatto, piccoline, ma immagino che in questo momento siano una valida alternativa.
Quando ritornano, l’idea non mi sembra più così stupida perché ha iniziato a piovere davvero forte.
Ginni e Vittorio ne aprono una in un secondo e lei ci s’infila subito dentro.
“Ragazzi, c’è posto.” c’invita lui, mentre ci tende l’altra, il vento ha iniziato a tirare.
Lore fa scattare l’apertura della seconda e ci s’infila, Vitto fa compagnia a sua sorella.
Io resto in piedi, indeciso. Non voglio perdere di vista la ragazza con le ciocche blu.
Lei e le sue due amiche hanno indossato i classici poncho di plastica e non sembrano lagnarsi come Ginni.
Poi, inaspettata, arriva la grandine e il vento comincia a tirare sempre più forte. Troppo forte. La gente inizia a gridare, a disperdersi, a cercare un riparo.
Io agisco d’istinto, la fermo prima che scappi, l’afferro per un braccio e per un istante restiamo muti a fissarci “C’è posto nelle nostre tende.”
Non è vero, sono piccole ma non me ne frega niente.
Il vento è talmente forte che non riesco a sentire la sua risposta ma le sue amiche si gettano starnazzando dentro alla tenda di Vitto, che nel frattempo si è affacciato e sta facendo segnali di toglierci da lì.
Una delle torri con le casse dell’amplificazione crolla.
Non lascio mai il braccio della ragazza dalle ciocche blu, la spingo nella tenda di Lore mentre una raffica potentissima la fa vacillare; la sorreggo per miracolo anche se è leggera, minuta e atterriamo dentro. Lore cerca di chiudere l’apertura, qui si sta muovendo tutto nonostante il peso di tre persone dentro, ho paura che il telo si lacererà.
Sono finito inginocchiato a terra e lei pure, mi getta le braccia al collo, mentre il mondo fuori sembra impazzito e io la stringo forte.
“Tienimi stretta.” lo dice al mio orecchio.
“Tranquilla, non ti lascio.” dico nel suo e lo faccio, la tengo forte, cerco di infonderle sicurezza anche se io per primo mi rendo conto che ciò che si sta scatenando fuori non è un normale temporale. Questa è una tromba d’aria, cazzo! E se sta buttando giù le torri non oso immaginare cosa potrebbe accaderci.
Però un’altra parte di me è in pace, sono felice di essere riuscito a conoscerla, anche se in questa situazione assurda.
“Chi sei tu?” sussurra ancora al mio orecchio.
“Tommy. E tu?”
“Azzurra.”
“Piacere Azzurra. Ti stringerei la mano ma ho paura che tu possa volar via se ti lascio.”
La sento ridere piano.
Mi godo il contatto.
Ha un profumo buonissimo e i suoi capelli lisci sanno di fragola.
“Sembra finita.” sento dire a Lore ma non mi stacco e lei nemmeno.
Restiamo lì ancora un minuto, mentre sentiamo la pioggia che ora batte piano contro la tenda.
Poi è Azzurra a staccarsi, lentamente.
Incrocio i suoi occhi e vi annego dentro. Cazzo, sono due calamite.
“Grazie, sei stato il mio eroe.” sorride e vorrei sdraiarla qui, anche se c’è Lorenzo. Anzi no, Lore è appena uscito.
“Piove ancora.” mi affretto, non voglio che esca, che se ne vada.
Si affaccia dall’apertura “Oh Dio, è un macello! Penso che della gente si sia fatta male.”
In questo momento mi sento molto egoista, andranno i soccorsi ad aiutare quella gente, io voglio soltanto restare in questa tenda con Azzurra.
Ed è quello che facciamo, finché non ci dicono che il resto del concerto è annullato e che dobbiamo andarcene.
Andiamo tutti insieme verso l’area campeggio ma quasi tutto è stato spazzato via. Vagabondiamo per un’ora, cercando di riconoscere qualcosa di nostro. Per fortuna gli zainetti con le cose più importanti non l’avevamo certo lasciati incustoditi in tenda.
Tutti cerchiamo di chiamare casa ma le linee sono saltate, qui non prende niente.
Io non voglio lasciare Azzurra e sembra che non lo voglia nemmeno lei, perché continuiamo a camminare vicini in mezzo alla devastazione. Le sue amiche ci vengono dietro, una ha scambiato qualche parola con Lore ma so per certo che non è il suo tipo. Le amiche di Azzurra non sono delle gran bellezze, lei in mezzo a loro sembra una stella. Cioè, lo sarebbe anche da sola, è brillante; e mi piace, come si comporta, quello che dice, come lo dice. Ha l’argento vivo addosso e sta cercando di confortare le sue amiche, sembra una ragazza molto positiva.
Vittorio è concentrato su sua sorella e praticamente ci ignora, Ginni è molto scossa, ha quindici anni ma per certi versi è più piccola della sua età, è una ragazzina fragile e paurosa.
“Guardiamo se almeno la macchina c’è ancora.” fa Vitto a un certo punto.
Azzurra e le sue amiche sono venute in pullman ed erano qui soltanto per oggi, hanno un albergo prenotato per stasera, poco distante da qui.
Il cielo ormai è chiaro, non sembra nemmeno possibile che fino a poco prima si sia scatenato l’inferno.
Le ragazze stanno decidendo come andare in albergo ma qui è un vero casino.
Poi qualcuno della Protezione civile ci avvisa che gli hotel qui intorno stanno mettendo a disposizione degli spazi per passarci la notte, visto che molta gente è impossibilitata ad andarsene.
C’è già una fila di auto immensa quindi Vitto non ci pensa nemmeno a incolonnarsi.
Decidiamo tutti di andare a piedi sino all’albergo delle ragazze. Abbiamo con noi le due tende parasole e piuttosto dormiremo lì dentro.
Non ho possibilità di parlare da solo con Azzurra, stiamo tutti discutendo di ciò che è successo ma, quel che dice, il modo, mi fanno capire quanto sia intelligente, entusiasta, quanto le sue amiche pendano dalle sue labbra.
C’è già parecchia gente quando arriviamo ma ci viene detto che possiamo mettere le nostre tende in giardino. Vorremmo una camera ma ovviamente non c’è più nulla di libero. Vitto insiste, continua a menzionare la sorella minorenne e alla fine l’albergatore sistema delle brandine nella cantinetta. Perfetto, almeno abbiamo un tetto sulla testa e pagheremo molto poco; ufficialmente noi non siamo qui, l’albergatore non potrebbe certo metterci a dormire in mezzo ai vini, quindi non prende nemmeno le nostre generalità.
Ci rivediamo tutti al bar più tardi, dopo esserci dati una ripulita; e mangiamo qualcosa insieme. Siamo finalmente riusciti a contattare i nostri.
Azzurra mi dice che i suoi erano fuori di testa, che sono genitori apprensivi.
Sono quasi contento di questa tromba d’aria, visto che mi ha dato la possibilità di conoscere lei. Certo, mi dispiace che molta gente si sia fatta male anche se per ora sembra che non ci siano stati morti, ma solo feriti tra le persone che si erano rifugiate sotto le torri; e soprattutto mi dispiace che non vedrò i Pearl Jam.
Ci spostiamo tutti nella sala giochi, Lore si siede in poltrona e smanetta sul cellulare; le ragazze guardano il film che sta passando in tv. Vitto e Ginni scelgono un gioco da tavolo e iniziano a sistemarlo su uno dei tavolini, chiedendomi se abbia voglia di unirmi a loro.
Non ne ho.
Ho voglia di stare con Azzurra.
Tergiverso, prendo tempo prendendomi una birra.
La vedo confabulare un po’ con le sue amiche, poi si alza e viene da me “Hai voglia di ascoltare i Pearl Jam lo stesso?”
“Magari.”
“Dovrai accontentarti però.”
“Non sono uno dalle molte pretese.”
Vedo Lore strizzarmi un occhio.
“Vieni!” mi prende per mano e io sento una scarica che mi attraversa dalla testa ai piedi.
Voglio farmela, non resisto.
Saliamo al terzo piano ed entriamo nella loro camera. È piccolina, ha un letto matrimoniale e uno singolo.
Azzurra si leva le scarpe e si siede a gambe incrociate sul matrimoniale. Io la imito. Tira fuori un modello di smartphone che al momento non posso permettermi e cerca qualcosa online dal nome YouTube.
“È una piattaforma americana fortissima, tutti video, l’ho scoperta l’estate scorsa al corso d’inglese a New York.”
Non posso permettermi nemmeno vacanze studio del genere, non che ne abbia bisogno, parlo l’Inglese perfettamente.
“Da un mese è disponibile anche in italiano. La conoscevi già?” si volta di lato e mi becca in pieno mentre sto guardando lei e non lo schermo.
“No, mai sentita. Ma da oggi non la scorderò.” e so d’aver appena dannatamente flirtato.
Lei ributta lo sguardo sul telefono e digita per trovare uno degli ultimi concerti dei Pearl Jam.
Potrebbe esserci Eddie Vedder in persona, nella stanza, in questo momento e io non lo degnerei di un’occhiata. Mi sembra chiara la direzione che abbiamo preso, che lei abbia preso.
Azzurra sistema lo smartphone sul letto.
Guardiamo il video, Eddie che inizia a cantare; immobili, muti; percepisco la vicinanza di Azzurra come se ogni cellula stesse urlando. Vorrei farle mille cose ma non voglio saltarle addosso.
Ascoltiamo quattro canzoni, le chiedo a quanti loro concerti abbia assistito e quale sia la sua canzone preferita. Poi restiamo in reverenziale silenzio per tutta la durata di Release, che è la mia favorita.
“Tommy…” mormora, senza voce, mentre ora risuona Light Years.
Mi volto a guardarla.
Lei guarda avanti, verso lo schermo “Non giudicarmi male… ma mi piaci moltissimo.”
Il cuore mi scalcia nelle costole “Perché dovrei giudicarti male? Mi piaci moltissimo anche tu.” confesso.
Si volta finalmente a guardarmi “Voglio stare con te, stanotte.”
Il cuore sta galoppando, ho paura che lei possa sentirlo “Anch’io.”
Fa un sorrisino, dolce, come se avesse potuto pensare sinora che non ci sarei stato. Si sporge, lentamente e mi bacia, niente di noi è in contatto se non le labbra.
All’inizio è solo uno sfiorarsi, un prendere confidenza ma, quando Azzurra cerca la mia lingua e io sento il gioiello del suo piercing, impazzisco, è una sensazione strana, molto sexy. Mi sento attratto verso di lei come non mi è mai capitato con altre... e ne ho baciate parecchie.
Le metto una mano alla nuca e l’altra alla vita e l’attiro a me. Questo bacio è infuocato ma poi anziché degenerare ci calmiamo. Ossia, non che io sia calmo ma riusciamo a baciarci per tanto, tantissimo, forse un’ora, senza passare ad altro. Non sono baci ardenti finalizzati a un unico scopo, è come se stessimo prendendo confidenza.
La cosa assurda è che dopo pochi minuti mi sembrava già di conoscerla da sempre; la sua pelle, il suo odore, il modo in cui bacia, tutto mi pare familiare e accogliente.
Siamo sdraiati sul fianco, vicini ma non avvinghiati, la mia mano, mentre ci baciavamo, l’ha accarezzata in punti accarezzabili pubblicamente e lei pure.
Nonostante aver confessato che mi vuole, Azzurra non sembra particolarmente disinvolta; mi piace pensare che rimorchiare in giro non sia una cosa che faccia abitualmente ma, probabilmente, sono ingenuo. È che quando mi guarda ha questo sguardo sì caldo ma anche molto dolce e giurerei che sia anche arrossita durante l’ultimo bacio quando l’ho attirata molto vicina dicendole quanto mi stesse piacendo. E poi io detesto fare la piovra, ho abbastanza orgoglio e buon senso da volere che l’altra persona lo desideri quanto me. Non voglio spingere, non ce n’è bisogno, Azzurra ha già chiarito che mi vuole. Però non so quanto tempo abbiamo ancora a disposizione.
Lei ha già fatto il primo passo, il secondo spetta a me. Mi allontano dalle sue labbra “Le tue amiche non devono venire a dormire?” lancio la provocazione.
“Gli ho chiesto di arrangiarsi.” genuina.
Mi piace che sia schietta, che non ci giri intorno fingendo, come farebbero altre, di essermi cadute addosso per sbaglio.
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